Un bellissimo articolo sul sito del "Gambero rosso" smonta 5 critiche frequenti sulla coltivazione idroponica.
“I pomodori coltivati in idroponica non sanno di nulla”. È questa una delle maggiori critiche mosse a questo metodo di coltivazione. Ma tutte queste critiche sono basate su dati reali? Abbiamo smontato, aiutandoci con la voce degli esperti, le principali perplessità sull'idroponica (qui vi abbiamo spiegato che cos'è).
I prodotti coltivati in idroponica non sanno di nulla.
Non è l'agricoltura idroponica che genera prodotti di bassa qualità o che non sanno di nulla, tutto dipende da come si fa questa coltura e dal tipo di prodotto che si decide a monte di ottenere. Lo spiega chiaramente Giorgio Prosdocimi Gianquinto, professore di Orticoltura del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna: “È vero che i pomodori olandesi non sanno di nulla però sono tutti belli e tutti uguali: è quello che richiede il mercato. Ecco perché gli olandesi, che sono molto attenti alla produzione di ortaggi industriale, non si curano troppo del sapore. La loro è principalmente una selezione estetica. Tra l'altro il pomodoro ai nord europei piace acidulo. Non è certo l'idroponica il problema”. E dunque, se si vuole coltivare in idroponica dei pomodori saporiti, lo si può fare modulando la soluzione nutritiva (acqua + nutrienti disciolti in essa) in cui verrà immerso l'apparato radicale.Ora, per spiegarlo meglio, passiamo alla seconda critica perché le due tematiche sono legate tra loro.
I prodotti coltivati in idroponica hanno meno vitamine.
Anche in questo caso, siamo costretti a sfatare questa convinzione. Sempre rimanendo in tema pomodori, “la dolcezza è determinata dalle concentrazioni degli zuccheri predominanti (fruttosio, glucosio e saccarosio) e dal loro rapporto. L'asprezza o l'acidità sono determinate dalle concentrazioni degli acidi organici predominanti (citrico, malico e tartarico) e dal loro rapporto; alcuni aminoacidi possono anche contribuire all’acidità. Minerali come calcio, fosforo e potassio si possono combinare con gli acidi organici e influenzare la percezione dell’acidità. Le sostanze fenoliche contribuiscono anch’esse all’acidità, oltre che alla sensazione di astringenza... Ecco il sapore delle verdure o dei frutti deriva da tutti questi composti e dal rapporto che c’è tra di loro”. E questo rapporto proviene, in sostanza, dalla genetica della pianta, dalle condizioni climatiche in cui si trova (temperatura, luce, umidità) e da tutta una serie di altri fattori, come l'irrigazione o la concimazione, che se vengono modulati bene possono dare origine a un prodotto di qualità elevata, dal sapore ottimo e con gli stessi valori nutrizionali di uno coltivato tradizionalmente. C'è di più: con questa coltivazione si possono modulare, per esempio, anche gli stress della pianta: “Se aumento la salinità della soluzione nutritiva, faccio andare in stress la pianta e questo fa sì che produca una serie di sostanze antiossidanti, come vitamine o certi pigmenti, che restituiscono un prodotto di qualità. Pensate ai pomodorini di Pachino, coltivati nella punta più meridionale della Sicilia, una zona assolata e caratterizzata da terreni fortemente salini. Questi pomodori sono il frutto di piante in forte stress salino e luminoso, ecco perché sono così piccoli”.
Vengono utilizzati “concimi chimici”
Ammesso e non concesso che nell'agricoltura tradizionale non vengano usati “concimi chimici”, nell'idroponica i nutrienti disciolti nell'acqua (a formare la soluzione nutritiva e dati nella misura giusta grazie all'agricoltura di precisione) sono principalmente azoto, fosforo e potassio che, insieme alla luce, sono la base della fotosintesi. Sono elementi chimici? Sì, come del resto lo è l'aria che respiriamo. Ci sono, poi, elementi nutritivi secondari utilizzati dalla pianta in momenti diversi durante il suo ciclo di crescita, e che vanno a definire il sapore del prodotto finale. Alcuni di questi nutrienti secondari comprendono calcio, magnesio, zolfo, ferro, molibdeno e boro.
Con l'idroponica si umiliano gli agricoltori che con la terra hanno vissuto e sfamato i figli
Un tipo di agricoltura non esclude l'altra. Anzi si possono alimentare vicendevolmente e integrare alla grande. Ma è innegabile che l'idroponica sia più sostenibile dell'agricoltura tradizionale di oggi che, ricordiamolo, non è fatta solamente di piccoli contadini che coltivano per autosostentamento (la maggior parte dei prodotti che si trovano sul mercato sono frutto di agricoltura intensiva). E dunque, ben vengano le conoscenze, la passione e il sudore dei contadini, ma ben venga anche l'idroponica (o altre tecnologie) che rappresenta una soluzione contro lo spreco di acqua e l'aumento della popolazione mondiale:“Con la coltivazione tradizionale, oggi, riusciamo a malapena a sfamare la popolazione mondiale. Al momento attuale ognuno di noi ha a disposizione in media circa 2 mila metri quadri di suolo agricolo (negli anni '70 era più del doppio). Figuriamoci nel 2050, quando la popolazione raggiungerà i 9,7 miliardi”. Senza contare che la disponibilità di terreno agricolo man mano sta diminuendo perché questo viene convertito in suolo edificabile.“Nel futuro ci sarà una contrazione di terra disponibile. Bisogna dunque trovare nuovi metodi di coltivazione”.
L'idroponica toglierà posti di lavoro
Al massimo l'idroponica trasformerà il lavoro: i lavoratori avranno un altro tipo di specializzazione. Un esempio concreto è quello di Sfera Agricola, che con i suoi 13 ettari rappresenta la più grande serra idroponica e hi-tech d’Italia, e solo nel primo anno ha assunto 190 dipendenti non stagionali. O ancora Ipom, che produce dei pomodori chiamati Pellerossa, e Fri-El Greenhouse, un'azienda agricola in provincia di Bologna che produce pomodori Cuore di Bue. Detto questo, l'idroponica non rappresenta affatto il traguardo, ci sono ancora parecchie criticità e margini di crescita; uno tra tutti lo smaltimento dei substrati e dei materiali di plastica utilizzati. È per questo che aziende e startup continuano a investire tempo e denaro per trovare soluzioni sempre più sostenibili. Come per esempio i ragazzi di The Circle a Roma che, oltre a utilizzare substrati naturali e materiali di plastica riciclati, integrano l'idroponica con l'allevamento dei pesci: si chiama acquaponica. Oppure tutte le realtà che stanno puntando sull'aeroponica, coltivazione che non necessita di alcun substrato e consente ulteriore risparmio idrico grazie all'impiego di acqua ad alta pressione, dunque nebulizzata. Ma siamo sicuri che il progresso ci riserverà altre sorprese.
a cura di Annalisa Zordan